D’altra parte l’art. 1° del citato decreto del 1825 prescrisse (sono le precise parole) che i fondi di Sicilia soggetti a diritti promiscui sarebbero valutati nello stato attuale come se fossero liberi da servitù, e quindi come a queste soggetti; che la differenza delle due valutazioni per ogni fondo particolare costituisse il valore della servitù (2714)”. Un tale metodo di definire le quistioni feudali tornò vantaggioso ai comuni, ma nocque invece ai baroni.
L’anno 1826 entrò con feste e pubbliche dimostrazioni di giubilo, essendochè Francesco avea voluto che si celebrasse il cominciamento del nuovo anno con luminarie, con canti solenni nelle cattedrali, collo sparo dei forti e tutt’altri attestati di gioia; cose che riuscirono oltremodo brillanti e lusinghiere. Piacque dopo generalmente la conferma del luogotenente in persona del marchese delle Favare, che già andava a compiere il biennio del di lui esercizio, e la promozione di consigliere di stato sovranamente accordatagli.
Intanto elevavasi il dubbio in Sicilia se le pelli di volpe, sì crude che conce dovessero andar soggette al dazio di ducati tre il centinaio, che trovavasi fissato col decreto dei 30 novembre 1824. Re Francesco considerando che niuna distinzione doveasi fare fra le pelli crude e conce, venne ad assoggettarli inclusivamente al dazio succennato. Sull’importazione dei fazzoletti di svizzera detti di balazor fu pronunziata sovrana proibizione, non convenendo più alla Sicilia che un tale commercio fosse andato innanzi a scapito dell’industria e del nazionale interesse.
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