Per conseguenza le importazioni di mercanzie per mare, e con bastimenti provvenienti dall’estero e dal portofranco di Messina sì nazionali che stranieri non furon permesse che dai luoghi e nei luoghi di già dichiarati. Furono eccettuati i casi di fortuna di mare e d’avaria; ma le mercanzie vennero accompagnate da bolletta a cautela nella dogana d’importazione più vicina, di cui facea essa menzione. Si eccettuarono le importazioni per terra di grani, di legumi, di biade, di farina, d’olio, di vino, ed altri commestibili; quali oggetti tutti poterono essere introdotti per qualunque dogana della frontiera di terra, benchè il dazio oltrepassasse la somma di ducati dodici. I conduttori dei generi che dall’estero furono introdotti per terra nel regno, dovettero percorrere le strade all’uopo designate; e per conseguenza tutte le merci estere sorprese nei tenimenti dei comuni confinanti con lo stato estero in istrade diverse da quelle indicate, e sfornite dalla bolletta a pagamento, furono arrestate in contrabando, e sottoposte alle pene stabilite. S’esentarono però le mercanzie munite da bollo doganale. Particolari istruzioni vennero date poi per l’importazione ed esportazione dei generi, e per quelli che circolarono in cabotaggio. Il portofranco di Messina esteso nel vasto perimetro di tutta la città, fu meglio ordinato, giacchè godette il libero cabotaggio, e la libertà delle interne comunicazioni con tutti gli altri luoghi del regno. Lo spazio del portofranco fu ridotto in una parte dei locali che [791] formavano l’antico ricinto dei magazzini a tal’uso destinati.
| |
Messina Messina
|