Dessi prendendo in affitto quei luoghi ove si conosce esser affluente il pesce anzidetto vi piantano degli ordigni tutti particolari ad una tale operazione, e vi eseguiscono delle pesche vantaggiose. Si credeva però comunemente che nel periodo stabilito alla caccia del tonno tutti gli ordegni che assomigliassero a quelli posti in uso per la circostanza indicata deviassero la marcia di quei pesci, e per conseguenza rovinassero i loro interessi. Uno di tali ordegni era appunto la così detta alalungara, per mezzo della quale i pescatori prendono alla rete taluni pesci, che molto s’assomigliano al tonno, ma sono di una mole assai più piccola. I proprietarî delle tonnare si dolsero in quest’anno fortemente del male gravissimo che recava loro quella pesca, giacchè sbandava il tonno e lo deviava dal suo destino. Il re considerò le vive istanze di quest’ultimi, e visto con effetto che potea esser loro pregiudizievole il mantenere in vigore le alalungare, dispose che nel tempo stabilito per la caccia del tonno, nissun pescatore potesse farsi lecito di percorrere il mare con quegli ordegni, sottoponendo a pene di rigore i controventori a questa sovrana determinazione (2721).
Elevavasi il dubbio da talune autorità se il disposto dell’articolo XIII del real decreto dei 30 novembre 1824 mantenuto in vigore dalla nuova legge doganale, su’ dritti d’importazione delle mercanzie estere, intendesse esentare dai medesimi quelle ancora che per via di mare o per terra s’introducessero in Palermo.
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Palermo
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