L’architetto direttore sig. Bonucci ebbe cura di conservarne certi pezzi ai quali era tuttavia aderente la tela che la involgeva. Si trovò lì presso una tovagliuola, d’una larghezza di cui non trovavasi l’uguale nel real Museo Borbonico. Proseguendosi inoltre i lavori, s’incontrò una porta dischiusa e incarbonita che menava a un ripostiglio, ove furon discoverte delle scansie, sulla più alta delle quali giacevan vasi di terra cotta, taluni pieni di grano, altri di lenti, un oleario con turacciolo di sughero e con olio aggrumato nel fondo, non che una boccetta di vetro che conteneva un liquore poi disseccato dall’azione del fuoco. Il tetto di talune stanze era formato di tegole, e al di sotto da un’intrecciatura di canne, cui andava sommessa una volta piana, che consisteva solamente in un intonacato duro. Il loro pavimento trovossi di mattoni pesti, ma la lor differente altezza le mostrò pertinenti a due abitazioni diverse, quantunque destinate ad un uso medesimo. Fu del pari scoverta una piccola stanza del piano sottoposto, un muro della quale era fregiato di graziosi ornamenti, e dipinto di capricciose architetture sullo stile di M. Ludio. Il loro campo era nero, gli scompartimenti ed i frontispizî di giallo e rosso. Amorini, ippogrifi, e qualche delfino ravvivavano di tratto in tratto quei campi.
Mentre Napoli trovavasi tutta intenta alle nuove scoperte antichità, un accidente venne a disturbarla dalle sue archeologiche meditazioni; questo fu la eruzione del Vesuvio, che formando nel cratere una nuova bocca con ispeciale veicolo facea discendere una interna lava nel cono del medesimo, rendendo più forti e sensibili le esplosioni che accompagnate da scosse partivano dalla profondità del monte e si rendeano ostensibili per tutte quelle adiacenze.
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Museo Borbonico Ludio Napoli Vesuvio
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