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      Le crepature fumanti formatesi nelle cavità del Vesuvio furono più del solito numerose, e mandaron perennemente fumo di varî colori; e il fumo e le fiamme s’alzaron tanto dalla sommità del cratere che s’osservarono anche dalla capitale. Fu però rimarchevole che le acque dei pozzi dei comuni circostanti si mantennero nel loro stato regolare; e solamente Ottajano si vide sparso di lapilli piovuti ivi dal Vesuvio.
      Seguì poscia nel seguente anno 1830 l’eruzione del nostro monte Etna, orrenda e spaventevole oltre ogni credere. L’esplosione fu sì violenta che s’aprirono sette nuovi crateri, e rimasero distrutti otto villaggi vicini alla montagna, sopra i quali non erano mai giunti nè la lava, nè le fiamme del Vulcano. Tutte le abitazioni scomparvero sotto i mucchi delle pietre calcinate, e delle ceneri rossastre che le nuove bocche dell’Etna scagliavano a grande distanza nelle campagne. Benchè alcune detonazioni terribili avessero annunziato la catastrofe, pure gli abitanti di quei villaggi vollero restarsene tranquilli alle loro case, sicuri della lontananza che gli avea salvati nelle eruzioni precedenti, per violenti che fossero state. La distruzione di que’ villaggi e di quei tugurî, cagionò in conseguenza un gran numero di vittime sì d’uomini che d’animali. Il 24 maggio di quell’anno gli edifizî bruciati fumavano ancora per il calore che spandevano le ceneri, le pietre e le lave di cui erano ingombri, nè si potè recar [799] soccorso agl’incendiati che dopo l’ottavo giorno dell’infausto avvenimento; perchè le precedenti ricerche furono inutili.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
Appendice - Indici - Note
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1333

   





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