Quindi va istituendo confronti importanti e dottissimi, ed innalza ai fossili siciliani un monumento che non sarà mai per perire. Osserva che la terra in cui giacevano le ossa, e che le rivestiva, tanto di Mardolce quanto di Billiemi, era di alluvione, e manda, calcinandosi, vapori ammoniacali, dando segni sensibili che racchiude materia animale, e che si distrugge col calore. In uno dunque degli antichissimi cataclismi della natura furon colà depositati quegl’immensi banchi d’ossami. Lo Scinà da cento osservazioni di fatto raccoglie che le ossa fossili che più abbondano sono quelle degli erbivori, e fra queste le ossa d’ippopotami, e poi le altre di elefanti; che tanto le ossa ch’eran fuori, quanto quelle che si trovavano incrostate dalla stallagmite dentro la grotta, sono tinte alla superficie d’un color bruno rossastro, e nel tessuto cellulare, e nella parte spugnosa di color rosso-bruno, che proviene dall’ossido di ferro, che le ha rivestito, e che si è insinuato al di dentro al par della calce carbonata, che in forma di cristalli si vede nei pori, e negl’interstizî interni di tali ossa. L’inondazione non gli parea che fosse stata unica, e nel tempo medesimo così in Mardolce come in Bil
liemi; ed inclinava a credere tanto per la terra ch’è più silicea nel primo, e più calcarea nel secondo, quanto pel colore e per le varie circostanze dei terreni, e per l’altezza dei luoghi, che sia stata una corrente marina quella che abbia depositato le ossa nella grotta e nella costa di Mardolce; e più presto terrestre l’altra di Billiemi.
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