Qualunque sia però l’opinione di varî scrittori su questo particolare, certa cosa ella è che l’Italia dopo essere stata inventrice delle macchine a trivellare, abbandonò del tutto l’uso di esse, e diede agio ai Francesi d’arrogarsi la gloria della invenzione. Ora il Baldantonj studiando sulla trivella francese, quale trovavasi descritta dal Garnier, gli venne pensiero non solo di eseguirla ma d’aggiungervi dei miglioramenti; quindi confortato dai suoi concittadini formò una macchina a trivellare, la quale non che si rese uguale a quella dei Francesi, ma altresì la superò per molti riguardi. Vi fu molta probabilità a sperare che nel [814] regno delle due Sicilie si rendesse comune una tal macchina, la quale sebbene s’adoperi in quei luoghi ove l’acqua è scarsa, pure non riesce inutile a’ proprietarî di terreni, i quali potendo ottenere con maggior risparmio quel necessario elemento per far fiorire le campagne, sono costretti a dispendiarsi nel trasportare con ingenti spese da un sito all’altro l’acqua abbisognevole a’ loro terreni.
Un fatto rilevante ebbe luogo in Palermo, esempio di virtù cittadine, di filantropia e di beneficenza. Trovavasi affidata l’amministrazione del real albergo dei poveri alle cure del principe di Altomonte che ne assumea la carica di soprintendente, quando un giorno si presenta a lui un ignoto personaggio, che facendogli presente d’aver avuto incarico di depositare nelle sue proprie mani la somma d’once dugento, diceva che questa s’impiegasse in benefizio di quello stabilimento, e in sollievo degl’infelici che ivi si trovavano raccolti.
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