Così egli si recò in Palermo, Messina, Catania, Trapani, Siracusa, e in tutte riscosse delle straordinarie e cordiali acclamazioni. Questa corsa però non fu solamente l’oggetto di contentare coloro che ardentemente bramavano di offrirgli i tributi degli animi riconoscenti, ma ebbe altresì in mira quello di osservare lo stato economico della Sicilia, notare quegl’inconvenienti che nell’amministrazione sì civile che finanziera avean luogo, e che arrestavano per conseguenza la prosperità dei suoi dilettissimi sudditi, e potervi apprestare gli analoghi rimedî. Egli di fatti ritornò prontamente in Napoli, ed occupossi della sorte di questa parte del suo regno, al quale diede norme più saggie e più regolari acciò l’andamento del locale governo dell’isola, che non era in resultato che la emanazione del supremo potere che in lui degnamente risedeva, fosse conforme a’ principî di giustizia di equità e di morale, che appunto guidavano il suo bennato cuore.
E giacchè ci troviamo a parlar di provvedimenti, crediamo utile il rammentare [818] quelli che versaronsi sull’industria, emessi propriamente in sul finir di quest’anno 1831. Noi ragionammo in uno degli antecedenti capitoli della presente storia d’una sovrana disposizione che stabilì un premio per gli oggetti di belle arti che venissero esposti nella sala della regia università degli studî in Palermo; ora però diremo che re Ferdinando nella considerazione che il ramo dell’industria manifatturiera, considerata come arte, è non meno interessante di quelle della pittura, scultura, ed architettura, apprestava un forte incentivo alle manifatture di Sicilia ordinando che le industrie considerate sotto qualunque rapporto s’avessero d’allora innanzi un premio, che servisse di sprone agli speculatori, onde perfezionare o inventare quelle manifatture che potessero vantaggiare l’economia in generale della Sicilia.
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