L’amorevolezza del principe aprì a novelle speranze i cuori della moltitudine, e il trasporto provato da’ popoli tutti che l’ebbero fra le loro mura fu un attestato di quella riverenza che al loro re protestavano per mezzo dell’eccelso rappresentante.
La nuova cometa che come dicemmo in sul principio del presente capitolo era apparsa in sul cielo, e sulla quale lambiccaronsi il cervello gli astronomi tutti, dissesi comunemente apportatrice di danni inesprimibili, e questa vana illusione fu a tale stremo recata che non mancò qualche sottile ingegno il quale ebbe ad annunziar con franchezza che la cometa era segno infallibile del finimondo. Questa ridicola supposizione sebbene con altri caratteri sia stata prodotta nel secolo IX dell’era volgare, in cui le menti appena uscite dal buio della barbarie in cui giacquero lunga pezza non poteano persuadersi come l’umana razza fosse suscettibile di novella civilizzazione (2753); riusciva in questa circostanza risibilissima più che mai, essendochè niuna menoma traccia poteva condurre a cosiffatta illazione; e di queste [824] comete, di cui la storia antica dei popoli abbonda, non fu mai sì sinistramente pensato. Comunque sia però, in onta anche alle dimostrazioni del nostro astronomo sig. Cacciatore, che lesse un discorso nell’accademia per combattere le utopie non dirò scientifiche, che con ciò non vogliam degradare il nome di scienza, ma fantastiche e speculative di coloro che usavano proclamarle; la generalità andava dietro a siffatte follie, talmentechè il finimondo fu creduto ed atteso sebbene con grave dolore.
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