Scorse l’anno fatale del 1832, e già cominciava il novello senzachè l’ordine sociale venisse menomamente turbato; talchè gli uomini ebbero l’agio di abbracciarsi a vicenda, e rallegrarsi che il globo terrestre era tuttavia nel suo stato di perfetto equilibrio. Distrutta la fole astronomica l’umana famiglia ebbe a gioire nel non trovarsi più in uno stato di precaria esistenza, e potea benissimo pensare al futuro, ed affaticarsi come pria o procacciare i mezzi di sua più vantaggiosa sussistenza, che è il voto della natura.
Le grandi prigioni di Palermo richiamarono in quest’anno le governative attenzioni di S.M. Pensava egli come fosse indecoroso non solo il trattenere dentro la città, ma anche in una delle principali e più cospicue strade quel lugubre e tetro luogo condannato dalla virtù e dalla decenza alla esecrazione ed all’obbrobrio. Il togliere adunque le prigioni dalla vista degli onesti cittadini era uno di quei pensamenti che meritano e meriteranno sempremai lode sincera e perenne da coloro che amano il buon costume. Pare che questo eccellente progetto avesse ben presto occupata la mente del nostro sovrano, perchè non appena avea dato sesto alle cose del reame, che vedevasi tutto intento a pensare alla prosperità ed al ben essere dei suoi popoli. Pertanto venne disponendo che si procurasse con ogni possibile mezzo di allontanare i detenuti dalla città, destinandoli in un locale più acconcio e meglio adatto lontano dallo abitato, curando però che l’attuale fabbricato addetto alle prigioni si adattasse ad uso più nobile e più rilevante, com’era quello di riunirvi tutte le amministrazioni finanziere poste in varî punti della città; potendo ciò sommamente giovare al miglior andamento di questo ramo di pubblico servizio.
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Palermo
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