In tal frangente tutti i possibili mezzi furon posti in opera onde ovviarvisi prontamente. Le malattie si dissero contaggiose; il che non era in effetto. I funzionarî locali si videro costretti a gir visitando gli ospedali tutti, onde gli ammalati fossero ben guardati e custoditi; i così detti soccorsali non bastando a capire il gran numero della gente già inferma, fu forza procurar degli altri locali adatti a raccoglierla intera. Dall’altro canto poi si praticarono gli espurghi in tutte le case dei poveri donde le cattive esalazioni si partivano, si diedero alle fiamme i loro sudici cenci, provvedendosi alle nuove vestimenta; si diedero poi ricetto a quegli sventurati ch’erano privi anche d’un miserabile giaciglio, e tiepidi bagni lavarono quegl’impuri corpi, oggetto ad un tempo di commiserazione e di schifo. Intanto le precauzioni sanitarie non s’intermisero; s’ebbe cura di guardare i sani con l’allontanamento degl’infermi, si visitarono i cibi per osservarne la loro qualità, i cattivi si tolsero dai mercati, e i soli che potevano giovare anzichè nuocere si lasciarono. Rimase perciò eterna nel cuore del misero e dell’agiato ancora la memoria delle provvide misure di quelle autorità, che nel momento che tanta energia e solerzia spiegavano in vantaggio della pubblica salute, soddisfacevano l’obbligo della loro carica, ma adempivano altresì al voto dell’umanità, e ai desiderî del provvido monarca (2756).
Per le cavallette che travagliavano in modo terribile l’agricoltura non fu meno efficace e pronto il rimedio.
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