Pure questa disposizione non arrivò ad avere il suo effetto, stante che le istanze di taluni proprietarî piegarono re Ferdinando I ad esentare dal dritto anzidetto le miniere di zolfo in Sicilia, e solo vennero obbligati a pagare once dieci alla apertura di esse, considerandosi questa contribuzione, come un permesso per uso di pubbliche acque ad animar mulini e [827] macchine idrauliche (2759). D’allora in poi fu sempre libero lo scavamento dello zolfo, e sola l’estrazione soffrì qualche volta il divieto, mentre talora fu anche scevra da ogni qualsiasi dritto, se ne escludi quello delle once dieci, riguardato come omaggio e riconoscenza di dominio (2760).
Tuttociò che in riguardo allo scavamento erasi praticato, non veniva per nulla ad interessare la pubblica salute, perchè il bruciamento del minerale forse non era esteso tanto quanto nel tempo posteriore, in cui la produzione dello zolfo venne ad accrescersi smisuratamente (2761); fu perciò bisogno di dar allora norme precise per la combustione di tal minerale, e negli anni 1828 e 1830 si emisero dei memorabili provvedimenti su questo particolare.
“Tali fatti, così il nostro storico, mostrano per sè stessi che cresceva sempre più la produzione dello zolfo, e in realtà gli usi svariati ai quali veniva esso adoperato per l’industria, e segnatamente per le fabbriche d’acido solforico e di soda artifiziale in Marsiglia, avean già elevata la estrazione dei zolfi di Sicilia da trecento a trecentocinquanta mila quintali l’anno. I prezzi intanto si mantenevano tra i dieci, i dodici, al più i quindici carlini (moneta di Napoli) a quintale, netto di spese di produzione ch’è tra i dodici e quattordici carlini.
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