In tal frangente le immaginazioni si esaltano, si teme di maggiore rovina, niuno cerca con altri mezzi di trarre profitto dalle ristagnate masse di zolfo sia fabbricando acido solforico o soda artificiale, sia ponendo ufficine per raffinare il minerale istesso; non si pensa per ombra ad associar capitali o almeno ad attendere un qualche equilibrio, una concorrenza, che sono i soli espedienti contro il monopolio; tutti parlavano di danni, di miserie estreme, tutti si rivolgevano a dimandar ajuto dal governo, come se l’azione di questo potesse esser pronta ed efficace anche in fatto di commercio a regolare i discordi interessi, o a vincere ostacoli che da questi e dalle svariate vicende del commercio nascevano. E chi proponeva l’erario acquistasse lo zolfo e lo vendesse, chi l’erario stesso riunisse presso di sè le zolfataie, facesse le spese della produzione, e dasse un’annua mercede ai proprietarî di esse dopo aver venduto lo zolfo; i più moderati erano coloro, che credeano doversi con apposita legge limitare la produzione e rendere inutile una parte delle zolfataie (2763)”.
Da tutto l’anzidetto chiaramente emerge quale fosse lo stato in cui l’indigena produzione dello zolfo si trovasse in questo anno 1833; e quali fossero i rimedî che al male gravissimo si volessero contrapporre; e la compagnia di commercio che nell’anno susseguente propose d’acquistare esclusivamente per anni dieci questo minerale, non potè non essere spregiata dal governo, il [829] quale vi vedeva di leggieri nascosto sotto il monopolio.
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