Verrà così maggiormente saldata quella concordia che forma la base della generale prosperità di tutti i regni; e i popoli benediranno un atto che ponendoli con successo in seno della sacrosanta religione, assicura la felicità terrena e quella che il cielo potrà anche destinargli.”
Ferdinando in brevi termini disse aver molto a cuore i sentimenti del supremo gerarca della chiesa, voler quindi quello che da lui si voleva; a ciò spingerlo i pregi inesausti di cui si trova ricolmato il sommo pontefice, e l’interesse di conservare la pace nei suoi dominî e l’aura felice del cattolicismo; accettare per conseguenza con giubilo l’invito fattogli, e restare salde ed incolumi quelle basi che gl’illustri antenati del suo seggio gittarono pria, e poscia sostennero con molta premura. Partì il nunzio pieno di molta soddisfazione a recar prontamente al papa le idee del sovrano delle due Sicilie, il quale non avea potuto in miglior guisa spiegare i sentimenti che lo animavano verso la santa sede e la religione di Cristo.
Pensavasi però in Sicilia a riordinare la amministrazione dei beni destinati a opere pie e di pubblica beneficenza caduti già in abbandono. La cagione di questo disordine era, che affidate siffatte istituzioni a chiese o ad ecclesiastiche corporazioni, erano esse incorporate nelle proprietà delle medesime; o che riguardate come privata beneficenza facean parte del patrimonio di particolari famiglie. Una disposizione del 1820 creando i consigli degli ospizî in ciascuna provincia intendeva por freno a tanto danno, ma questi nuovi amministratori generali o curatori che si volesser dire delle opere di beneficenza non adempirono gran fatto la loro missione, sicchè il decadimento degenerò in rovina.
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