Il luogotenente generale invitato dal Balsamo a visitarlo non potè non ammirare la maestà del fabbricato, e la grandezza e liberalità del generoso e pio pastore, che volendo accrescere un ornamento alla capitale, faceva rammentare la munificenza d’un monsignor Testa, d’un Gioeni, e di parecchi altri che resero celebre il secolo in cui vissero.
      Medesimamente la città di Catania sorgeva a novello splendore per le cure dell’ottimo intendente principe Manganelli. Dopo il tremuoto del 1693, rinacque quest’inclita città più bella e magnifica di pria, conciossiachè l’amor di patria, il fertile e vasto suo territorio, i lumi di quegli uomini dotti colà chiamati per la siciliana istruzione, la sobrietà ed industria dei suoi abitanti, ed altre non meno potentissime cause, efficacemente concorsero a renderla tale. Ma comunque gareggiasse però per siffatti pregi con le primarie città di Sicilia, pure trovandosi circondata da immense materie vulcaniche, la sua comunicazione col resto della isola tarda si rendeva e difficile. Quindi si incontrarono ostacoli nel commercio, e perciò anche nell’industria, nei lumi, e nella civilizzazione: ostacoli che s’eran comuni all’isola sino a certo grado per la mancanza di buone strade, erano poi assai maggiori in Catania per l’enarrate circostanze. Perdurarono in questo stato le cose, finchè le nuove leggi amministrative non ispirarono il desiderio di migliorare quello stato in cui la città anzidetta vedevasi ridotta. Le prime mosse non ebbero il desiato effetto; ma destinato il Manganelli a reggere quella provincia, conoscendo essere le strade esterne, di cui totalmente si mancava, il precipuo oggetto che più al suo interesse conveniva, cooperossi di promuovere le paterne cure sovrane su d’un tal beneficio.