In quel frangente approdava il Palermo il brigantino l’Archimede, comandato dal capitan Francesco Buccellato, al quale veniva data contumacia il dì 28 maggio 1837. Angelo Tagliavia e Salvatore Mancini, non aspettando il tempo dalle prescrizioni sanitarie assegnato, introducevano furtivamente delle mercanzie per trar disonesti lucri dal loro ignominioso trafugamento. Non passò guari ch’essi torcendosi e dolorandosi sui loro giacitoi, palesarono il morbo micidiale di cui già erano invasi. Opportuni provvedimenti allora han luogo, quali posson suggerire il bisogno e più la tema della propalazione del male. Si precludono le vie ove quei disgraziati periscono, si sotterrano i loro cadaveri, e la salute pubblica pare di già assicurata; niuno più pensa al caso, ma plaude lo zelo delle autorità che tanto rimedio apporta alla minacciata città, sicchè si pensa e si crede essere in salvo.
Eppure le abitudini riprese dopo quella costernazione, di nuovo s’intermettono, perchè un tal Angileri medico dopo sei giorni colpito dall’indica lue agonizzando perisce. Si disse aver avuto contatto con quei due; eppure il fatto era innegabile; e sgombro appena il suo cadavere altre persone sussecutivamente attaccavansi, sicchè non fu più a dubitare sull’aggressione del fatale colera.
Vedevi in quel punto la città di Palermo in bisbiglio, ognuno correr qua e là per campare la vita, far bagaglio di scelte masserizie e ricovrarsi nei vicini sobborghi o paesi, o peggio rinserrarsi nei più reconditi penetrali lontani da umano commercio.
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