Si videro perciò spianate le comunicazioni, rotto quel tenace vincolo che mantenendo inceppata l’industria e la proprietà rovinavano l’agricoltura, e il bene del paese ritardavano, si venne a conoscere più da vicino lo stato d’ogni comune, e pronti ed opportuni rimedî a’ mali si apprestarono, cosicchè la Sicilia parendo risorgere a novella vita, benedì la provvida mano di colui che a tanto bene e vantaggio solertemente e pietosamente la sospingeva.
Le vicende del commercio dei zolfi intanto rendevansi sempre più interessanti; le cagioni di tanto danno erano pur troppo manifeste, e noi ne trattammo a lungo nel capo XII. Se non che giovando il rammentarli per dar catena a quanto saremo per dire in appresso, costringendoci la natura del presente lavoro a dovere spesso interrompere la narrazione degli avvenimenti, accenneremo che le ingente spese abbisognevoli per l’attivazione delle zolfataje spesso avean costretto i proprietarî ad abbandonare le loro industriali speculazioni ed intraprese, ovvero a prender danaro ai cambi con positivi interessi, o peggio cedere ad altri (e si ponga mente, a forestieri commercianti) il dritto e la proprietà delle miniere di zolfo, i quali esercitando poi il monopolio rovinavano i piccoli trafficanti, e rendevano stazionario ed inutile un prezioso minerale, sorgente di ricchezze e di esteso commercio. Questo stato rovinoso non era chi nol lamentasse, ma i rimedî che si volevano, erano più dannosi del danno medesimo che si provava. Il progetto presentato dalla compagnia Taix ed Aychard nel 1836 aveva in mira d’acquistare tutto a sè il prodotto dello zolfo, ritirandolo dai proprietarî, e facendolo girare in commercio a quel dato prezzo che meglio fosse loro piaciuto.
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Sicilia Taix Aychard
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