Da ultimo fu incaricata la commessione de’ zolfi già eretta nel 1838 di proporre acconci regolamenti pei modi e tempi del cavamento delle miniere di zolfo, onde non ne soffrisse la pubblica salute, e l’agricoltura, e non si depreziasse e sciupasse sì prezioso minerale (2781).
Fin qui l’egregie parole del Bianchini. Ma noi aggiugniamo che con decreto de’ 29 ottobre 1842, S.M. affine di sempre più favorire ed incoraggiare l’industria ed il commercio degli zolfi ridusse il dazio precedentemente imposto su questo minerale dai carlini otto a quintale, a carlini due. In tal guisa ritornaron le cose al pristino stato e l’estrazione dello zolfo gravata da sì leggiero dazio venne d’allora in poi agevolata e quasi protetta.
In quest’anno 1838 l’Etna ritornò dopo [848] sei anni d’interruzione all’ordinario suo stupendo lavorìo. Dopo d’aver minacciato nel 1832 d’incenerire la città di Bronte, arrestossi poi improvvisamente, senzachè d’allora la menoma esplosione si fosse più verificata. Ma ora però (era il mese di luglio) per forti detonazioni e densi globi di fumo mostravasi esser nuovamente in combustione le materie vulcaniche di quel monte. Era però osservabile come le esplosioni si andassero verificando tutte dalla parte occidentale dell’Etna, cosicchè dal lato meridionale gli abitanti se ne stavano tranquillamente, sicuri che gl’indizî solamente da essi osservati potevan dar loro agio e comodità di prepararsi ad una specie di peregrinazione. Intanto crescevano con molta rapidità le esplosioni di fiamme e di scorie, nelle quali il monte persistette parecchi giorni; scorsi i quali, si vide il cono di esso ingombro da dense nubi, e fu allora vomitata sul piano del medesimo cono una lava fluidissima nella larghezza di circa 30 piedi inglesi, e 10 di altezza, che scorrendo rapidamente su quella antica del 1787 pareva precipitarsi nella così detta valle del Bove.
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