Furono assidue compagne di tal corso le esplosioni di scorie, di macigni e d’arena lanciate dal gran cratere; spettacolo non ordinario sì per l’immensa quantità di materiale eruttato, sì ancora per la costanza di getti eseguiti senza alcuna interruzione. I rumori furono uguali e continui, ma nei giorni 26 27 e 28 settembre il fracasso, il cannoneggiamento ed i cupi muggiti, furono emanati con tal veemenza, che simili unquemai s’udirono. Un sensibile tremuoto generale per tutta l’isola spense nel giorno 29, come acqua su’ carboni accesi, la sorgente dello spaventevole fragore etneo, ma non per questo cessarono del tutto le eruzioni da voragini apertesi dentro il vulcano medesimo, le quali non avendo ove precipitar la materia perchè chiusa dentro al bacino, lo riempirono interamente formando un livellato lago di fuoco. Nello stesso tempo un altro bacino sul livello del mare elevavasi dieci mila piedi, presentando nella sua larghezza un diametro di mezzo miglio; e questo formava l’apice ed il centro d’una gran piramide, o per meglio dire d’un vulcano in azione. Per vero questo avvenimento del 1838 presentò tali caratteri di particolarità che il dotto signor Gemmellaro ne volle stendere un’apposita memoria, nella quale venne anco spiegando con un dettaglio analitico la sostanza componente il materiale già vomitato dall’Etna.
Aveva già da gran tempo la colta Europa riprovato l’uso di seppellire i cadaveri umani nel recinto dell’abitato, perchè le cattive esalazioni di quelle tombe mal chiuse e sempre riaprentisi per nuove vittime dell’umana fralezza, turbavano la pubblica salute e la decenza ancora, trovandosi in vigore quel barbaro uso d’esporre i funebri convogli allo spettacolo dei cittadini.
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Gemmellaro Etna Europa
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