Gl’intendenti giusta le facoltà accordate poterono eseguire in consiglio d’intendenza lo scioglimento delle promiscuità; la separazione in massa delle terre demaniali non promiscue fra comuni, e i padroni di esse, finalmente la divisione fra’ cittadini dei demanî comunali, e delle parti degli ex-feudali ed ecclesiastici, spettate o che potevano spettare. Si ritenne poi per principio generale che le promiscuità tra comuni e qualsivogliano persone, siano chiese, ex-baroni, o qualunque altro corpo morale non potevano essere conservate. Siccome la legge riconosce due cause di promiscuità il condominio, e le servitù acquistate, queste venivano sciolte coll’estimazione dei vicendevoli dritti sui demanî, tenendosi presenti molte locali circostanze. Quando la divisione importasse privazione d’un benefizio, allora le servitù potevano compensarsi proporzionandolo al valore della cosa perduta. Se però si trattasse di terre divise in pascoli di diversa specie d’animali, allora si sarebbe fatta eccezione alla regola. Il dubbio sulla promiscuità non arresterebbe l’operazione della divisione.
Per la separazione in massa delle terre demaniali, si cominciò dal distinguere il demanio, e l’uso civico, e nella compensazione si ebbe solo riguardo allo stato possessorio, o anche al titolo qualora fosse posteriore al 1735. Per la quantità dei compensi poi si diede una norma certa e stabile, onde l’applicazione non fosse arbitraria. Ne’ demanî la coltivazione decennale dello stesso fondo diede dritto alla inamovibilità dei coloni.
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