Ma bisogna ancora tener mente che altri e non indifferenti vantaggi ne ritrae l’agricoltore dalla celerità colla quale essa viene impiegata, giacchè guadagnerebbe la [861] metà e forse il terzo dello spazio di tempo necessario alla trebbiatura con metodi usuali. Non si parla della salute degli uomini e degli animali, che costretta a durare una enorme fatica, spesso ne muojono o gravemente s’ammalano.
Ciò non ostante però non si sa comprendere come i nostri coloni persistono tuttavia in quei loro inveterati usi, e mentre la civiltà e le nuove sperienze lor prepara comodi e vantaggi preziosi, essi rifiutando il bene che lor s’appresta con molta faciltà, si contentino di durare in quei disagi che loro tanti mali adduce.
Dopo ciò io credo che non mi sarà apposto a colpa l’avermi dilungato su questo proposito della macchina del Vergara, perchè interessando l’intera industria, io avrei mancato nel non trattenermivi, onde almeno si faccian conoscere le utili invenzioni dei Siciliani, si registrino nella storia, perchè se il successo n’è stato impedito da volontarie circostanze, almeno ottenghino gl’inventori quella lode dovuta al loro ingegno, allo zelo di giovare alla patria, allo impegno di far fiorire la nostra agricoltura.
Ci siamo prefissi di parlare in ultimo luogo dello stato commerciale della Sicilia, quale trovavasi nel 1842; e di ciò appunto ragioneremo.
E cominciando dal commercio interno, ch’è mezzo importantissimo di nazionale prosperità, ognuno facilmente s’avvede come non può questo in altra guisa agevolarsi che col compimento delle strade, che mettendo in relazione comune con comune, città con città, rende agevole la circolazione dei prodotti, e l’agricoltura ne risente un bene grandissimo.
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