Noi abbiamo un dispaccio reale dell’anno 1453 esecutoriato in Palermo a’ 14 di marzo, in cui si assegnano a questo cavaliere 100 fenici annuali sopra i porti, e caricadori del regno (2806); ma in esso dispaccio non vien chiamato maestro giustiziere; dal che ricavasi, che in detto anno fosse in questa carica un altro personaggio, e forse il di lui padre Giovanni. Nell’anno seguente poi 1454 lo stesso monarca gli assegnò altre 184 once sopra il porto di Catania, e nel chirografo sottoscritto dal re in Napoli a’ 22 di aprile, oltre i titoli di consigliere, e di camerlengo, gli vien dato quello di maestro giustiziere del nostro regno (2807). Laonde è molto verisimile, che alla morte di Alfonso Cardona accaduta l’anno 1452, subentrò nella carica di maestro giustiziere Giovanni Moncada, e che avendo questi cessato di vivere nel 1454, il re conferì lo stesso officio al di lui figliuolo Guglielmo Raimondo, cui assegnò le once 184, che unite alle 100, che avea ottenute l’anno antecedente, compivano presso a 300 once, ch’era il soldo allora assegnato a’ maestri giustizieri. Visse egli in questo sublime posto molto tempo, essendo morto l’anno 1479. Mentre era maestro giustiziere vacò il viceregnato l’anno 1462 per la morte di Giovanni de Moncayo, e perciò egli in forza della sua carica unitamente al sacro consiglio governò il regno fino all’arrivo del nuovo vicerè, che fu Bernardo Requesens. Quindi sono da emendarsi, come a suo luogo dimostrammo, il canonico Antonino Amico (2808), e Vincenzo Auria (2809), che lo collocarono frai presidenti del regno, e dicono che vi fu eletto dal sacro consiglio, che non avea questa potestà. Il Pirri (2810) asserisce, che questo cavaliere fu vicerè in Puglia, e ch’ebbe per vicegiustiziere in Sicilia Niccolò Settimo: ciò che fu anche notato dall’Auria (2811).
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