Oltre che non possiamo darci a credere, che avendo il Rao rinunziata la presidenza l’anno 1615, in cui fu ammesso fra’ gesuiti, fosse questo posto vacato per lo spazio di 4 anni, e siesi aspettata la di lui morte per provvederlo. Non possono altrimenti conciliarsi queste difficoltà, se non supponendo ch’ei l’anno 1615 fu ammesso fra’ così detti terziarî della società, che sotto l’abito secolaresco vivevano soggetti, come gli altri gesuiti, al loro generale, e che poi vicino a morte abbia fatti i voti, ed abbia renunziata conseguentemente la presidenza della gran corte, e dietro a questi atti sia morto. Il p. Aquilera nella sua seconda parte della storia de’ gesuiti della provincia di Sicilia, par che sia d’accordo con noi (2843); giacchè attesta ch’ei si fe gesuita: Quum ex supremo morbo decumberet; e ch’era stato prima accettato dal vicario della compagnia p. Ferdinando Albero, sebbene dica che non potè vestir l’abito per le opposizioni dei vicerè d’Ossuna, e Castro.
[XI] Fu dunque alla morte del Rao eletto Giovan Battista de Blaschis cavaliere messinese presidente della gran corte in forza della cedola, che accennata abbiamo. Di questo ministro fa onorata menzione il canonico Antonino Mongitore (2844), il quale ci avvisa, ch’ei dopo di essere stato giudice della corte dello stratigoto di Messina, e de’ tribunali della gran corte, e del concistoro, fu prima maestro razionale, e poi presidente del patrimonio, e finalmente ottenne nel detto anno 1619 l’accennata presidenza della gran corte.
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