Questi è diverso dall’altro dello stesso nome, che visse nell’antecedente secolo, e per cui si è menato tanto rumore a’ nostri giorni per alcune proposizioni temerariamente spacciate intorno al diritto feudale per le quali il vicerè marchese Domenico Caracciolo, previo il consenso del sovrano, ne fe bruciare il libro per le mani del carnefice, e vietò che si potesse in avvenire allegare ne’ tribunali. Trovavasi egli uno de’ reggenti del consiglio d’Italia, come si dirà. Non venne così presto, essendogli accaduta la disgrazia di essere preso colla sua famiglia da’ corsali francesi, il di cui monarca era in guerra col re Cattolico. Trovasi questo aneddoto nell’officina della regia cancellaria (2849), nella quale vedesi un dispaccio regio dato a Buonritiro a’ 31 di maggio 1653, in cui raccontasi che il Di Gregorio imbarcatosi in Alicante colla moglie, ed i figliuoli, per venire ad occupare in Palermo la presidenza della gran corte, cadde nelle mani de’ Francesi, e per ricattarlo donò il re otto mila scudi. Visse egli sino agli 8 di novembre dell’anno 1659, nel qual giorno se ne morì, e fu seppellito nella chiesa di s. Francesco di Paola fuori le mura di questa capitale, dal di cui epitafio, che ivi leggesi, ricaviamo ch’ei fu duca di Tremistieri, e cavaliere di s. Giacomo, e ch’era stato maestro razionale del real patrimonio prima di essere chiamato nel consiglio d’Italia.
Nella vacante carica per la morte di Pietro Di Gregorio subentrò Diego Marotta, che trovavasi, come si dirà, presidente del concistoro.
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