Fissò egli gli occhi nel capo del sacro consiglio, cioè nel presidente della gran corte Vincenzo Ugo, uomo da lui riputato il più abile, ed onesto fra tutti i ministri, e gliene spedì in Messina la cedola a’ 25 di agosto 1714, nella quale lo dichiarò reggente, e presidente interino del consiglio di Sicilia (3053).
Durò due anni Vincenzo Ugo in Torino nello esercizio di questa carica; ma la sua vecchiaia non comportava di dimorarvi di più, e perciò supplicò quel sovrano, acciò gli permettesse di ritirarsi in Palermo. Condiscese Vittorio Amedeo a giubilarlo, e rimandandolo colmo di onori, e di beneficenze, scelse in di lui luogo Niccolò Pensabene, ch’era avvocato fiscale della gran corte, cui spedì il dispaccio dalla Venerìa, luogo di delizie dei re di Sardegna, a’ 24 di giugno 1716, che fu registrato in Palermo a’ 7 del seguente agosto (3054).
[XXXVIII] Fu negli anni 1718, 1719, e 1720 la nostra Sicilia il teatro della guerra, e fu insieme occupata da’ Savoiardi, dagli Spagnuoli e dai Tedeschi, fino che per la pace fatta in questo ultimo anno giusta ciò, che la quadruplice alleanza avea conchiuso in Londra, e sottoscritta dal re Cattolico Filippo V a’ 17 di febbraro, restò in potere dell’augusto Carlo VI di Austria imperadore di Occidente. Allora fissò questo principe in Vienna un consiglio d’Italia, dove chiamò da’ diversi stati, che vi possedeva, alcuni giureperiti per consigliarlo. A noi non costa, se ne’ primi anni del governo di questo imperatore vi sia stato chiamato alcun siciliano; imperocchè non vediamo altro reggente nazionale in Vienna prima d’Ignazio Perlongo, la di cui promozione dovette accadere tra gli anni 1722, e 1723. Comechè siamo privi della cedola imperiale, che forse allora non si curò di registrare ne’ nostri archivî, nondimeno ci restano due monumenti, che ce ne assicurano.
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