Fa chiudere le porte della capitale, affine d’impedire, che più entrino dei poveri in essa, e dà altri utili ordini, ivi. Il senato gli erge in questa occasione nella propria casa un busto di marmo, 606. Peripezie di questo monumento, ivi, nota 3. È confermato per la quarta volta nel viceregnato di Sicilia, ivi. Accorda il perdono a coloro, che nella carestia suddetta rubati aveano dei viveri in una data quantità, ivi. Vieta i giuochi di azzardo, 607. Celebra l’anno 1766 il generale ordinario parlamento, ivi. Promulga un rigoroso bando contro i ladri, che infestavano la Sicilia, 609. Non potendoli con esso tutti estirpare, elegge un vicario generale con una illimitata potestà, ivi. Promuove nella capitale l’allegria insieme, e la religione, 610. Cerca di sollevare lo afflitto stato, in cui è il senato, ivi. Promulga una nuova prammatica contro i matrimonî clandestini, 611. È costretto a cacciare per ordine sovrano i gesuiti dal regno, 613. Sua affezione verso quest’ordine, ivi, n. 1. Per non far mancare gli studî al pubblico, apre subito le scuole di grammatica, e di rettorica, 614. E fa coltivare da ottimi preti le chiese degli estinti gesuiti, ivi. È eletto dal re capo della così detta giunta gesuitica, 615. Chiede, ed ottiene dal sovrano la licenza di potersi portare in Napoli, 616. Parte, ivi. Ritorna sollecitamente in Palermo, 617. E promulga un bando contro le lettere in forma brevis del pontefice Clemente XIII emanate contro la corte del duca di Parma, ed altresì contro la bolla in Coena Domini citata in esse lettere, ivi, e seg.
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