Alla partenza del re Vittorio prende il possesso del suo viceregnato nella cattedrale di Palermo, ivi. Eseguisce puntualmente le idee del suo sovrano, ivi. Carattere ottimo di questo governante, 486. Procura inutilmente di frenare lo estremo rigore dei ministri destinati dal re per la nota vertenza sulla monarchia di Sicilia, ivi. Non potendo riparare alle violenze, che eglino faceano, [LXXXX] essendo indipendenti, si applica a prosperare in tutto il resto il regno di Sicilia, 488. Riceve dal senato, dal ministero, e dalla nobiltà gli atti di condoglienza per la seguita morte del principe ereditario di Savoja, ivi. Per le temute invasioni del Turco premunisce le città marittime della nostra isola, e intima ai baroni feudatarî il servigio militare, 489. Scrive efficacissime lettere al re Vittorio, affinchè frenasse il soverchio rigore dei ridetti ministri della giunta, 490. Riceve dal detto monarca la conferma nel viceregnato di Sicilia, ivi. Gli arriva ordine dalla corte di Torino di trattare come amica l’armata spagnuola, 493. Si accorge tardi dello inganno fatto al suo re, permette al conte di s. Marco, pretore della città di Palermo, di poter capitolare col generale spagnuolo, ivi. Intima di nuovo il servigio militare ai baroni feudatarî, ivi. Avvicinandosi lo esercito di Spagna, fugge da Palermo, ma fa prima bruciare tutte le carte, ch’erano nella segretaria, 494. Incontri funesti, che egli riceve passando per Caltanissetta, 495. Si riduce finalmente a Siracusa, ivi. Perchè nelle storie non più si parli di questo cavaliere, 507.
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