Alla prima visita che fe’ loro, si astenne dal fare verun motto di questa disgrazia, e i suoi ragionari furono lieti e giocondi, non avendo loro parlato, che di cacce e di piaceri. Di poi mandò loro cani, uccelli, e tutto ciò che potea divertirli, destinò a’ medesimi e cacciatori, e cavalli con ordine di servirli, come se fosse egli stesso, e fe’ dire a questi principi che potevano liberamente cacciare ne’ suoi serragli sotto la fortezza, ne’ quali stavano racchiuse alcune bestie selvaggie, e talvolta volle essere ancora egli della partita.
(180) Surita, Annales de Aragon., t. III, lib. XIV, cap. 31, pag. 234.
(181) Se fosse piaciuto a’ Genovesi che si dasse così la libertà a’ nemici, e che si rendesse nelle mani di Alfonso quella conquista, che nella battaglia navale de’ 5 di agosto se gli era rapita, può ciascheduno da sè immaginarselo. Non finirono nondimeno con questo i dispiaceri de’ medesimi; n’ebbero eglino a soffrire de’ più mortificanti; avvegnachè, come lo accenna lo Stella (Annales Gen. presso Murat., t. XVII. Rer. ltal. Script. pag. 1318), furono obbligati a ricevere Giovanni re di Navarra, ch’era stato loro prigioniero, con ogni onorificenza, come se fosse il sovrano di Genova, e di condurlo sotto baldacchino sino al palagio della sua residenza. Ma ciò che li umiliò all’estremo, fu l’ordine ricevuto dal duca di Milano di preparare una flotta per accompagnare il re Alfonso a Napoli, e servirlo per la conquista di quel regno: comando che, nonostante le loro replicate rimostranze, dovettero a forza eseguire (Fazio, Rer. suo temp. gest. lib.
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