Le due prime si possedono ancora dalle ridette famiglie Naselli, e Settimo, ma la terza passò poi per via di femina, cioè d’Isabella figliuola di Antonello Caruso, nella casa Statella dei principi di Mongelini, essendosi maritata a Francesco l’anno 1520. Si osservi per conoscersi quanto allora valesse la moneta, che lo stato di Spaccaforno, che era la maggiore di queste terre, non fu venduto che per undici mila scudi, che oggi rende più di annuale profitto.
(255) Registro della regia Cancelleria dell’anno 1448-1449, XI. Ind., fogl. 244.
(256) Ivi fogl. 166.
(257) Il Fazello (deca II, lib. IX, t. III, p. 183) scrisse che questo cavaliere per quietare il popolo vi sagrificò la vita; imperciocchè mentre girava per la città acciò si sopisse la sollevazione popolare, fu ucciso da Tommaso Crispo. Non è ciò inverisimile, avvegnachè noi veggiamo poco dopo Giovanni Agliata col carattere di protonotaro del regno.
(258) Deca II, lib. IX.
(259) Ivi.
(260) Il Caruso lo chiama abate di s. Martino, ma si sbaglia. Il padre Giuliano non fu mai abate ma semplice monaco, il quale, salvo le occasioni in cui il servizio del re, o il pubblico bene della patria lo chiamavano dalla sua spelonca, menò sempre una vita solitaria nell’antico monistero detto delle Ciambre presso la terra del Borgetto, dove al presente fra le rovine si mostra la piccola celletta, in cui egli abitava.
(261) Privilegia felicis, et fidelissimae urbis Panhormi, p. 314.
(262) De Vio, Privilegia Urbis Panhormi, p. 315.
(263) Mongit., Parlam. gen. di Sicilia, t. I, p. 97.
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