(264) Mongit., Parl. di Sic., t. I, p. 97.
(265) Ivi, pag. 98, nota a.
(266) Cap. Regni Sic. in Alphonso, p. 359.
(267) Ivi.
(268) De Vio, Priv. Urbis Panhormi, p. 314 e seg.
(269) Registro dell’anno 1450-1451, XIII Ind., f. 228.
(270) Questa risoluzione fatta dal cardinal legato fu ingiusta, e non potea nascere che da un certo dispotismo, che la corte di Roma usurpava sopra tutte le chiese del cristianesimo. La quistione era fra il re Alfonso, e i prelati, chiese, e luoghi pii di Valenza, di Majorca, di Rosciglione, e della Ceritana. Ch’entravano dunque i prelati, e le chiese, e luoghi pii di Aragona, di Catalogna, di Sicilia, e di Sardegna a portare insieme il peso di quel donativo, che Alfonso ricercava da quelli co’ quali era in contrasto? Ridicola è poi la ragione che apporta il cardinale, da cui dicesi mosso a tassare quelle chiese, che non aveano avuta veruna parte in questo piato: Considerantes, dic’egli, unam solam esse Orbis terrarum Ecclesiam in plures partes, et membra, quae diversas constituunt Ecclesias, divisam. L’unità della chiesa non si riferisce che all’unione della fede, e della comunione col visibile capo della medesima, non mai alle rendite, le quali ciascheduna chiesa possiede da per sè indipendentemente dall’altra. E se vuolsi che la chiesa è una sola rispetto ancora all’entrate, perchè non fe’ il cardinale anche soggiacere a questo donativo la chiesa romana, ch’era la madre di tutte, e dovea darne la prima l’esempio?
(271) Mongit., Parl. gen. di Sic., p. 99 e seg.
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