Deve dunque questo ultimo aggiungersi agli ambasciadori spediti in questa occasione, sebbene non fosse inviato dal parlamento, ma dalla sola capitale.
(317) L’allontanamento di Lupo Ximenes de Urrea dal nostro regno, sebbene non fosse stato deposto dalla carica, addita abbastanza che il re Giovanni si fosse insospettito, che il detto vicerè fosse del partito del figliuolo suo primogenito, e che non volle lasciarlo per allora in Sicilia per evitare, che i Siciliani collo appoggio del vicerè non tentassero qualche novità a favore di quel principe. Ma il vederlo ritornare dopo cinque anni allo stesso governo, ci fa opinare o che Lupo si fosse discolpato dai sospetti che erano caduti nell’animo del re, o più verisimilmente che essendo già morto il principe di Viano, cessò ogni ostacolo per rimandare questo vicerè in Sicilia, che per la sua esperienza, ed attività negli affari era molto opportuno a questo governo.
(318) Il Caruso (Mem. stor. p. 3, l. 4, t. 3), francamente scrisse, che il re Giovanni accordò quanto nei capitoli di grazia si era richiesto, eccetto il capitolo, in cui si dimandava che in avvenire il governo di Sicilia si dasse sempre ai figliuoli primogeniti del monarca di Aragona. Convien dire che questo storico non abbia mai letto le risposte date alle dimande dei parlamentarii, dove avrebbe osservato che ad alcune dicesi: non placet, ad altre: non procedit, ad altre: Dominus Rex mandabit provisiones suas, a certe: visis privilegiis providebitur, e simili risposte, che non additano approvazione, o concessione, e che a talune non fu data veruna provvidenza (V. Cap.
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