Ma tale era l’opinione che si avea dei di lui talenti, e condotta, che il vicerè si compromettea di un felice successo, s’egli venisse al parlamento, e perciò efficacemente ne lo pregò: “Et pirchì ni pari decenti cosa, ultra la generali requisitioni fatta a tutti quilli è solitu, et consuetu, chiamari a tali parlamentu vui comu persuna singulari in lo regno, et solito prestari grandi, et alti servitii a li re, qui pro tempore regnarunt, essiri singularmenti requestu, et non passari per la generalitati di li altri. Vi pregamo, incaricamo, requidimo, et cumandamo per gran servitio di lu signuri re vogliati a lu dictu tempo trovarivi in quista citati, dove speramo con prudentia, bon consiglio, autoritati, et credito vostru fari gran servitiu alla majestati preditta ec.”
(337) Nel principio di questo capitolo pag. 86, nota 7.
(338) Reg. dell’ufficio del protonotaro dell’anno 1463-1464, XII Indiz., f. 118 e 119.
(339) La città di Palermo avea spedito in Messina la procura al nobil uomo messer Ferrante di Milina uomo dotto, per assistere in suo nome al parlamento; ma come non si sapea il motivo per cui celebravasi questo parlamento, cioè il ligio omaggio che si ricercava da’ Siciliani al principe Ferdinando, nell’atto della procura non v’era bastante facoltà per fare il dimandato giuramento. Fu d’uopo perciò che il vicerè scrivesse all’università di Palermo, esortandola a mandare secondo il costume i proprii procuratori, o assegnare almeno a messer Ferrante un altro compagno colle dovute facoltà, assicurandola che ciò tornava a maggior suo onore.
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