Difendea ancora i Giudei dall’accusa, che fossero usurari: assicurando che non mai esercitato aveano nel regno questo infame esercizio. Laonde conchiudea, che le lettere ottenute dal re per il loro sfratto erano surrettizie, e perciò come fondate su falsi rapporti, non doveano eseguirsi.
(545) Reg. dell’uffizio del Protonotaro dell’anno 1491.1492, X indiz. f. 126.
(546) Catana Illus. tom. III, lib. X, cap. IX, p. 286.
(547) Reg. degli atti, provisioni, e lettere dell’an. 1492.1493, XI indiz. nell’uffizio del Maestro Notaro del Senato di Palermo pag. 184.
(548) Reg. degli atti, provisioni, e lettere dell’anno 1493.1494, XII. ind. pag. 105.
(549) Questo ritorno del vicerè de Acugna a Catania dovette accadere fra i 15 di luglio, ed i 6 di agosto. Nell’archivio del senato di Catania (presso l’abate Amico Catana illus. t. II, lib. VII, cap. IV, pag. 353) conservasi un privilegio dallo stesso vicerè accordato al medesimo senato, con cui segli dà il diritto supremo di giudicare intorno agli affari della pubblica salute, quando evvi pericolo di peste, o di altro male epidemico nella città di Catania. Questo dispaccio è sottoscritto dal vicerè a’ 15 di luglio, in Messina: laonde trovandosi a’ 6 di agosto esecutoriata la lettera reale, di cui parleremo, è certo che il secondo viaggio di esso vicerè da Messina a Catania deve stabilirsi nel termine da noi additato.
(550) Reg. della regia cancelleria dell’anno 1493.1494, indiz. XII, fogl. 548.
(551) Mongit. Parlam. di Sic. t. I, pag. 109.
(552) Lasciò egli prima di morire nel suo testamento a’ monaci Benedittini, che allora erano i canonici della cattedrale di Catania, un gran podere, che possedea nella campagna di Palermo presso il palaggio detto della Zisa, coll’obbligo di celebrare una messa cotidiana per l’anima sua (Amico Catana illus. t. II, lib.
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