I, in Ferdinando pag. 565 e seg.)
(652) Maurol. Sican. Hist. lib. VI. pag. 207 e 208.
(653) Da questo fatto, che costa dai capitoli del regno (t. I, pag. 669) si scopre la falsità di quanto scrisse il Bonfiglio (Hist. Sic. P. II, lib. I, pag. 401), il quale raccontando la tumultuazione accaduta in Messina lasciò registrato che dopo questi rumori fu sopraseduto nel parlamento dal fare la consueta dimanda della Zecca in Palermo. Oltrachè il parlamento non durò che quattro giorni, nel quale breve spazio non era possibile, che questa notizia fosse arrivata a Messina avesse suscitata ivi la mozione nel popolo, e che fosse giunto in Palermo l’avviso delle vertigini plebee di quella città, mentre il parlamento tuttavia durava. Egli è indubitato che l’ambasciatore del parlamento chiese alla corte la mentovata grazia. Noi più presto opiniamo che i Messinesi dopo il tumulto abbiano spedite persone al re Ferdinando, per impedire che si accordasse questo privilegio a Palermo in pregiudizio dei loro pretesi privativi diritti.
(654) Capit. Regni Sic. in Ferdinando II. cap. 70, pag. 569.
(655) Reg. della regia cancellarìa dell’anno 1514.1515, III indiz. fogl. 114.
(656) Surita, Hist. del rey D. Hernando, lib. X, cap. 67, p. 398.
(657) Bisogna in questo luogo correggere tre errori del Caruso (Mem. Stor. tom. III, P. III, lib. VI, vol. V. pag. 116), che meritano di essere avvertiti. Vuol egli 1. che delle tredici fuste di Solimano sei furono sommerse, e sette prese: 2. che le insegne mandate al pontefice Leone X, erano non già della Santa Sede, ma dei Mori istessi: e 3. che l’ambasciadore di Spagna alla corte di Roma chiamavasi Rosario.
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