(720) Fazello dec. II, lib. X, pag. 209. tom. III. – Maurol. Sic. Hist. lib. VI, pag. 212.
(721) Fazello ivi.
(722) Potrebbesi solo in questo luogo far menzione della bolla di Leone decimo romano pontefice ai 3 di giugno 1521, che fu promulgata in Palermo ai 6 di settembre dell’anno istesso (registro della libreria del senato di Palermo alla lettera P. 9) sebbene non appartenesse direttamente al nostro regno. Nelle investiture, che i papi accordavano a’ re di Napoli, era sempre preveduto il caso, che alcuno di quei monarchi potesse divenire imperadore di occidente; e allora era stabilito che il regno di Napoli ritornasse in potere della santa sede. Carlo dunque essendo stato eletto imperatore a’ 28 di giugno 1519, pretese Leone X che quel regno fosse ricaduto alla chiesa Romana. Non ostante l’augusto Carlo non intendea di cederlo, ed essendosi trattato questo affare molto tempo in Roma, dove sostenea gl’interessi del monarca delle Spagne il di lui ambasciadore presso quella corte Giovanni Emanuele cavaliere del toson d’oro, finalmente sotto certi patti, e condizioni si contentò Leone X, che non ostante la dignità imperiale, si mantenesse Carlo nel possesso del regno di Napoli.
(723) Questo parlamento era stato prima convocato in Palermo; ma nati de’ disturbi per un progetto stravagante del conte di Cammarata, ch’era sostenuto, come fra poco diremo, da molti altri cavalieri, il Pignatelli ne differì le sessioni, ed ordinò che si trasferisse in Messina nel detto giorno, dove poi, carcerato il mentovato conte, e qualcuno de’ suoi aderenti, accadde ogni cosa pacificamente.
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