(724) Mongit. Parl. di Sic. tom. I, p. 158.
(725) Capit. regni Sic. tom. II, in Carolo p. 57.
(726) Reg. della regia cancellaria dell’anno 1522.1523, XI indiz., p. 86.
(727) Nello stesso registro pag. 98.
(728) Reg. della regia can. dell’an. 1522.1523 p. 202.
(729) Fino dai tempi del re Ferdinando il Cattolico, essendo vacata la contea di Modica, pretese il conte di Cammarata di appartenergli come a colui, che era erede della figliuola di Manfredi Chiaramonte, ch’era stata moglie di Giovanni Abatellis suo bisavolo. Ne fu nondimeno escluso, e ne restò investito il grande almirante di Castiglia parente dello stesso monarca. Ora lusingavasi il conte di Cammarata, che venendo la Sicilia per opra sua in potere dei Francesi, gli sarebbe riuscito agevole il riacquistare questa contèa, a cui credea di avere nitidi dritti, e perciò entrò con piacere in questa congiura tratto dall’interesse, che suole esser la molla di tutte le umane azioni.
(730) Fazello dec. II, lib. X, t. III, p. 410, e 411.
(731) Dec. II, lib. X, tom. III, pag. 211.
(732) Vuolsi che Francesco Imperadore, mentre era prigione in Roma, abbia spedito Claudio Imperadore figliuolo bastardo di Giovan Vincenzo, per avvertire i congiurati; e che questi vestitosi da contadino partisse con una barca, e fosse arrivato in Palermo cinque giorni prima, che Francesco giungesse in Messina. Non si sa perchè i fratelli di questo non siensi approfittati di questa notizia, e siano caduti nelle mani della giustizia. Egli è certo, che coloro, che si salvarono, furono Perrucchio Gioeni, e Girolamo Leofante.
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