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      Su qual fondamento si appoggi questo scrittore è a noi ignoto, giacchè non addita verun monumento, da cui abbia tratto questo aneddoto, che ci pare inverisimile non meno per il silenzio di tutti gli altri storici, che per le replicate conferme, ch’egli ottenne nel viceregnato, e per l’ultima dell’anno 1533, che Cesare non avrebbe accordata, se avesse avuta ombra di sospetto, ch’ei si fosse malamente regolato nel governo del regno di Sicilia. Non intendiamo dipingerlo per un governante privo d’ogni menomo difetto, come per tale non l’abbiamo descritto, ma per un ottimo vicerè, persuasi della massima di Giovenale (Sat. XIII).
      Rari quippe boni numero; vix sunt totidem, quot Thebarum portae, vel divitis ostia Nili.
      (778) Cap. regni Sic. t. II, p. 28.
      (779) T. I, tit. II. pragm. IV, e V.
      (780) Era signore di Tunisi Mulei-Assen, il quale era principe crudele, e avea fatto morire tutti i suoi fratelli, trattone uno, che si era salvato per ventura. Costui vedendosi sbalzato dalla sua signoria dal Barbarossa, considerò che non vi fosse altro mezzo per ritornavi, che quello di ricorrere a’ principi cristiani, a’ quali dava ombra un vicino così intraprendente, qual era Ariadeno. Venne dunque in Sicilia, s’è vero quanto scrisse il Caruso (Mem. Stor. P. III, lib. VIII, t. III, vol. V, p. 149), e da questo regno passò in Spagna, dove fece all’augusto Carlo la proferta di rendersi tributario del medesimo, ogni volta che fosse rimesso nel suo regno. L’imperatorc per assicurare i suoi due regni di Napoli, e di Sicilia dalle incursioni del Barbarossa, accettò l’offerta, e si accinse a questa impresa.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
Appendice - Indici - Note
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1333

   





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