(790) La etichetta, e la gravità spagnuola ricercava, che nè il re, nè chi ne facesse le veci parlasse da sè nelle adunanze parlamentarie, ma che spiegassero i loro sentimenti per via del gran cancelliero, o del protonotaro. Questo costume si è conservato fra noi fino all’età nostra; ma nel viceregnato di Domenico Caraccioli marchese di Villamaina si è cominciata a sentire la voce dei governanti.
(791) Mongit. Parl. di Sic. t. I, pag. 193, e seg. Registro dell’officina del protonotaro dell’anno 1535.1536 IX indiz. fogl. 20.
(792) Difficoltavano allora gli ecclesiastici in forza delle canoniche sanzioni, e particolarmente per ciò che si era determinato nell’ultimo concilio del Laterano sotto Leone X, di pagare la loro quota del donativo, se non precedea il pontifizio rescritto, per non essere soggetti alle censure, e alle pene minacciate a’ controventori dal detto Sinodale Decreto. L’augusto Carlo perciò ne fe’ la dimanda al pontefice Paolo III, che con sua bolla dei 14 di febbraro 1536 diede la facoltà agli arcivescovi, a’ vescovi, agli abati, agli archimandriti, ed alle altre persone ecclesiastiche, di pagare la somma tassata in questo parlamento al braccio ecclesiastico, qual bolla fu registrata nell’officina del protonotaro (Reg. dell’anno 1535.1536 IX indiz. f. 153). Così sempre si è fatto; ma da pochi anni non si è creduto necessario di domandare questa permissione da Roma.
(793) Mongit. Parl. di Sic. t. I, p. 197, e seg.
(794) Tom. I, in Carolo V. imper. p. 120 e seg.
(795) Il Bonfiglio descrive (Hist. di Sic.
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