Nel parlamento antecedente fatto alla presenza dell’augusto Carlo l’anno 1535 eglino aveano dimandato (Cap. reg. Sic. t. II, in Carolo V. p. 123) che il regno non dovesse più fare nell’occasione di offerirsi i donativi, alcun regalo nè a’ vicere, nè ai loro familiari; la qual cosa fu da Cesare lasciata al loro arbitrio. Dopo due anni non solo non negano al Gonzaga i consueti cinque mila fiorini, ma gli danno inoltre tre mila ducati, cioè altri cinque mila fiorini, se i ducati allora, come sospettiamo, valevano 12 carlini napolitani, quanto è dire, gli raddoppiano quel regalo, che non voleano più dare. Qual maggior prova dell’affetto della nazione verso questo vicerè?
(808) Maurolico Sic. Hist. lib. VI, pag. 242. – Bonfiglio Sic. Hist. P. II, lib. III, p. 448.
(809) In un manoscritto della libreria del senato (lettera Q. q. num. 11, pag. 6), che si dice del Paruta, ma che noi crediamo più antico, vi si nota che questo vicerè vi tenne un parlamento, in cui fu stabilito che s’imponessero in avvenire tre tarini per ogni salma di farina, affine di difendere la città. Per nome di parlamento non deve quà intendersi l’assemblea degli stati, ma il così detto consiglio, che suole convocarsi nei casi urgenti, ed è composto di tutti gli ordini della città.
(810) Maurolico Sic. Hist. lib. VI, pag. 222.
(811) Questa fu una delle più strepitose eruzioni di quel monte. Precessero i terremoti, che costrinsero gli abitanti a fuggirsene. Le ceneri, che vomitò, giunsero fino a Messina, coprirono le piante, e gli erbaggi, e siccome i bachi da seta ricusarono di pascersi delle frondi de’ mori, ch’erano asperse da quella polve, tutti se ne morirono.
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