Illustr. lib. VIII, cap. 2, § III, t. II, p. 409), ch’ei fu trasportato in Affrica, e che agli 11 di agosto 1561 il pontefice, che fu dolentissimo di questa disavventura, destinò gli amministratori alla chiesa di Catania, e che fatto il riscatto, ritornò il ridetto prelato a Messina a’ 26 di maggio 1562, e subito passò alla sua chiesa, dove fu ricevuto fra gli evviva dei suoi diocesani. Essendo le cose così, come sia possibile, che trovandosi il Caracciolo agli 11 di agosto 1561 già schiavo, nel qual giorno il Papa destinò i curatori della lui chiesa, nè essendone ritornato, che a’ 26 di maggio 1562, abbia egli potuto essere presente alla prima sessione del concilio, che fu tenuta ai 18 di gennaro del detto anno? È dunque più naturale, che questo prelato si fosse imbarcato sulla flottiglia siciliana col vescovo di Majorca per andare in Italia, e poi passare a Trento, e che assalito dalla flotta di Dragutte fosse fatto schiavo nelle acque di Lipari, e presso Messina, e condotto in Affrica, dove restò in ischiavitù sino al maggio dell’anno 1562. Arrogesi in conferma della nostra opinione ciò, che scrisse il Bonfiglio, cioè che fra coloro, che furono presi, eravi l’avvocato fiscale Giovan Battista Seminara, che andava reggente in Spagna per la Sicilia. Or come mai è possibile, che costui, dovendo portarsi in Ispagna, fosse venuto in Sicilia col vescovo di Catania? La schiavitù adunque del Caracciolo avvenne, quando andava al concilio, e dovette succedere nel mese di ottobre 1561, dopo che il vicerè mandò l’ordine a’ 23 di settembre ai vescovi di ritornare al concilio, nel che dee emendarsi il Pirri, che la fissa nel mese di luglio.
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