Lo amministrò questa repubblica per lo spazio di circa ottanta anni per mezzo dei suoi governatori. Ma la lontananza dal principe, ch’è sempre pregiudizievole agli stati, rendea costoro arbitri; e perciò la giustizia non era amministrata, e le cariche non erano distribuite ai meritevoli. Nacque quindi il malcontentamento, e la sedizione per scuotere l’odiato giogo. La repubblica avvisata dal suo bailo di Costantinopoli degli sconcerti, ch’erano in quel regno, cercò subito di sopirli con prudenza, e senza strepito, gastigando i colpevoli, ed allontanando quei potenti, che angariavano i popoli. Ma non stabilì, come era dovere, un nuovo stato di cose, per cui si tornò negli sconcerti di prima. I villani, che si vedeano maltrattati dai ricchi, ricorsero a Selimo per essere sottratti dalla tirannia, sotto della quale gemeano, e questo gran sultano, che soffriva di mal cuore la tregua accordata da Solimano ai Veneziani, si avvalse di questa congiuntura per dichiarare loro la guerra, di cui favelliamo. Concorsero a sostenere i Veneziani il re Cattolico, e il Papa; ma nata la controversia intorno alla persona, cui si dovesse dare il comando di tutta l’armata, pretendendolo del pari il Doria ammiraglio del re Filippo, Colonna il generale del Papa, e Zeno generale dei Veneziani, e discutendosi questo punto nei gabinetti dei rispettivi principi, accadde ciò, ch’era avvenuto in Roma nei tempi della repubblica: Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Il regno di Cipro venne quasi tutto in potere dei Turchi, che con una flotta di trecento vele sbarcarono nella isola, posero l’assedio a Nicosìa, che n’era la capitale, e la presero di assalto, intanto che in Candia, dove trovavasi la flotta combinata delle potenze cristiane, si aspettava la risoluzione dei gabinetti intorno alla preferenza dei generali.
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