(1119) Raccontasi, che per allontanare costui, si prese l’espediente di accusarlo, come miscredente, al tribunale del S. Uffizio, gl’inquisitori diedero ordine ai 26 di novembre di questo anno ai loro familiari che lo carcerassero. Trovavasi egli in quella strada di Palermo, che chiamasi la Loggia; e vedendosi assalito da costoro, trasse la spada, e si difese coraggiosamente. Giunse l’avviso della resistenza fatta da costui all’inquisitore Aedo, il quale montando subito in carrozza venne al luogo, dove era la zuffa, animando per via tutti, acciò porgessero ajuto allo offeso santissimo tribunale. Gli fu agevole in quel secolo superstizioso il trovare de’ fanatici, che credendo di far cosa grata a Dio, lo seguirono. Giunto alla bottega, dove stava assediato il cavaliere di Malta, smontò dal suo cocchio, e non ricusando di far le veci di birro, egli stesso lo prese, e lo legò. Stavasi per avventura il vicerè nella chiesa di Piè di Grotta, e informato di ciò, ch’era accaduto, spedì subito ordine all’inquisitore, che sospendesse ogni passo fino al suo arrivo. Questi però non volle ubbidire, credendosi indipendente, e già conducea la sua preda verso il castello, ch’era allora l’abitazione degl’inquisitori; ma le mule di Aedo non poteano camminare, essendosi trovate sgarrettate, forse per segreto comando del Colonna, il quale perciò arrivò, mentre l’inquisitore a stento era tirato verso il castello, e fatti entrare nel suo cocchio il Bracalone, e l’inquisitore, sfogando la sua collera contro di questo ultimo, perchè non l’avea aspettato, lo proverbiò, chiamandolo un fratacchione, che meritava di servire il re nelle galee.
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