I, pag. 34), Filippo II quantunque si fosse mostrato indolente a questa funesta catastrofe, non lasciò di far sentire allo inetto duca di Medinasidonia gli effetti del giusto suo sdegno.
(1156) Hist. d’Angleterre de la maison de Tudor t. VI, cap. I, pag. 34.
(1157) Mongit. Parl. di Sic. t. I, pag. 410.
(1158) Reg. dell’uffizio del protonotaro dell’anno 1588.1589, II. indiz. fogl. 201.
(1159) Noi ebbimo un fresco esempio di un pari pericolo, l’anno 1784, in cui fummo alla vigilia di soffrire la fame per la inesperienza di chi ci governava, e le frodi dei suoi confidenti, che gli davano ad intendere di esservi nel regno una prodigiosa quantità di grani superflui, per cui restò la tratta aperta. Salvò il regno il marchese Domenico Caracciolo vicerè nostro, il quale ritornato da Napoli, dove erasi recato a prendere i bagni d’Ischia, ed accortosi del vicino pericolo di una micidiale carestia, chiuse le tratte immediatamente, ed impedì ancora la estrazione di quei frumenti, per i quali si era ottenuta dallo interino presidente del regno la licenza di potersi spedire fuori della Sicilia. Se ne mormorò potentemente dagl’interessati, ma si conobbe che il ben privato ceder deve al pubblico, e che questa provvidenza non potea giungere più opportuna, per liberare la nazione dalla imminente penuria.
(1160) Aprile Cronol. di Sic. lib. II, cap. 4, p. 312.
(1161) Palermo Ristorato lib. IV, pag. 319.
(1162) Vuole questo scrittore, che la carestia successe sotto il governo del conte di Albadalista, e che fosse allor pretore della capitale Coriolano Bologna.
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