Il senato di Palermo, quantunque avesse comprato così cari i grani, non li smaltiva nonostante al pubblico, che ad once quattro la salma; la quale diminuzione di prezzo quanto sollevava gli abitanti, altrettanto diminuiva lo erario civico, essendosi calcolato che vi avesse perduto sopra a dugento mila scudi. (Paruta Giornale Mss. p. 17. Talamanca Elenco Universale p. 98-99). Malgrado le diligenze di questo magistrato, siccome la gente veniva a folla nella capitale per satollarsi, e temeasi a ragione che potesse mancare nell’inverno il pane per i cittadini, fu costretto il senato a promulgare un bando, con cui tra un dato termine, e sotto gravissime pene si diede lo sfratto a tutti i forestieri. (Paruta ivi).
(1168) Mongit. Parl. di Sic. t. I, pag. 415, e seg. e nel reg. del protonotaro dell’anno 1590.1591, IV indiz. pag. 203.
(1169) Mongit. ivi.
(1170) Sic. Sacra Not. 1 Eccl. Panorm. p. 155.
(1171) Pag. 64-65.
(1172) Il Bonfiglio scrittor messinese (Hist. Sic. P. II, lib. X, p. 665) lasciò registrato, che dovendo partire questo vicerè da Palermo, i cittadini di essa cominciarono a beffeggiarlo con motti pungenti, e con pasquinate, e che nello imbarcarsi i ragazzi non lasciarono di deriderlo con villanie, inguisachè dovendo egli smontare per il cattivo tempo, se ne andò al regio palagio, dove dimorò senza farsi più vedere, finchè non seppe che il conte di Olivares era già a Regio, e che allora partì, ed andò a Messina. Qual fede meriti questo racconto, di cui i nostri cronisti, che notavano le più minute circostanze dei fatti, niente dicono, lo giudichi chi sa la dichiarata nimicizia di questo storico contro i Palermitani.
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