(1186) Caruso Mem. Stor. P. III, t. III, pag. 241. – Bonfiglio Histor. Sicil. P. II, lib. X, pag. 664.
(1187) Ritorna il Bonfiglio a darci motivo di riferire le sue stravaganze. Scrivendo egli di questa solennità, non contento di dire che i Palermitani aveano fatta questa pompa per emulazione del trionfo messinese celebratosi nel ritrovamento dei corpi di san Placido, e compagni, mette in dubbio l’autenticità di questa reliquia, soggiungendo: Ottennero (i Palermitani) dal papa una delle infinite teste dei Martiri, che sono in Roma, battezzata dal sommo pontefice per santa Ninfa. Noi non possiamo negare che in Roma trovandosi dei corpi, che hanno tutte le caratteristiche de’ martiri, e ignorandosi il nome, si soglia loro dare un nome a piacere dei pontefici relativo alle loro virtù; ma nel nostro caso l’affare andò diversamente. I Palermitani aveano con replicate istanze richiesta alla santa sede una reliquia di santa Ninfa, che con gravi fondamenti credevano di essere stata una loro concittadina, il di cui corpo sapeano che conservavasi in Roma, e non l’aveano fino alla venuta della viceregina potuto ottenere. Questa pia dama interpose la sua mediazione presso il dotto, e santo pontefice Clemente VIII, il quale acconsentendo a questo divoto desiderio, spedì il sacro teschio di questa vergine martire. Chi sa la la illibatetezza dei costumi, la sincerità, e la dottrina di Clemente VIII detto il cardinale Ippolito Aldobrandino, sa ancora quanto questo pontefice avesse in odio la simulazione.
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