(1367) Era egli portato alla pietà, e volentieri si sarebbe ritirato in un chiostro, se i legami maritali non ne lo avessero impedito; e perciò si contentò per allora di menare una vita privata, e lontana da’ rumori del secolo. La di lui devozione non era, come quella de’ falsi spirituali, i quali trascurano i doveri della loro carica, per racchiudersi in un tempio ad orare, e ad ascoltare molte messe. Egli impiegava agli offizî di religione solo quelle ore, che sopravanzavano allo esercizio del viceregnato, come ne è una manifesta prova ciò che ei fece ne’ sei anni della sua amministrazione, come si dirà. Subitochè rimase libero per la morte della moglie, vestì l’abito di S. Benedetto, con cui santamente menò il resto di sua vita.
      (1368) Reg. dell’uffizio del prot. dell’anno 1621.1622, V indiz. f. 98.
      (1369) Reg. sud. f. 238.
      (1370) La Rosa Mss. di Cronache diverse di Sicilia num. 5, pag. 20.
      (1371) Sotto questo ministro, che non ebbe miglior talento, che quello di profittare nei suoi interessi a spese della Spagna, e avea preso un dominio sopra l’animo debolissimo di Filippo IV, che alla giornata ingannava, perdette la corte di Madrid il Portogallo, il Rosciglione, la Catalogna, le isole Asore, quella di Mozambico, ed altri paesi, senza che il re, cui egli avea dato il titolo di grande, avesse mai sapute le sue perdite. È capricciosa la satira relativa al titolo di grande, che gli fu fatta, poi ch’egli avea perduto tutti questi regni, e paesi. Gli diedero per stemma una fossa col motto: Quanto più se ne toglie, tanto diviene più grande.