Ogni unione adunque non necessaria alle leggi della carità dee iscansarsi; e perciò in cotali emergenze restano barrate le case degl’infermi, si porgono loro gli alimenti, e le medicine da lontano, si chiudono i tribunali, e i luoghi destinati al traffico, e si fa ogni opra per impedire ogni comunicazione fra i sani, e gli ammalati. Queste regole non furono osservate in Palermo, ed una mal’intesa divozione fe che crebbe all’eccesso il male. Fu stabilita al primo di agosto una processione, in cui fu portata la cassa dove erano riposte le sacre ossa di S. Cristina, principale protettrice allora della città, e un quadro di S. Rosalia dal duomo fino alla cappella reale del palagio, dove era infermo il vicerè, alla quale concorse l’arcivescovo col clero secolare, e regolare, il senato, e un numeroso popolo, per impetrare da Dio, e da’ santi la salute del principe, e l’allontanamento del male. Il ricorso al Supremo Facitore delle cose, e alle anime elette, che godono in cielo la di lui compagnia, è giusto, e ragionevole; ma può e deve in cotali occasioni farsi negli angoli delle proprie case, per iscansarsi il commercio cotanto pernicioso in simili occorrenze.
(1390) Talamanca Elenco Universale p. 115.
(1391) La Rosa Cron. diverse p. 24.
(1392) Quattro furono le mediatrici implorate dai Palermitani, nostra Signora la madre di Gesù Cristo, s. Cristina, ch’era allora, come si è detto, la principale protettrice della città, s. Ninfa, e s. Rosalia. È da stupirsi, come si fa palese dalle nostre cronache Mss., che non siesi per allora mai ricorso al Redentore, ch’era il più potente di tutti.
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