XIV, t. V, p. 169.
(1405) Reg. del proton. dell’anno 1625.1626, IX indiz. fogl. 195.
(1406) Gio. Battista Rosa Cron. diverse p. 29. 30.
(1407) Acta S>. Rosaliae, § XIII, p. 227.
(1408) Noi ci asterremmo dal riferir questo fatto, se non fosse uniformemente contestato dai nostri scrittori (Cascini vita S. Rosaliae cap. 8, p. 53. Auria Cron. dei signori vicerè di Sicilia pag. 92. Aprile Cron. di Sic. lib. II, cap. 8, p. 332. Longo in Chron. pag. 264, ed altri). Raccontano dunque che costui bravissimo nell’arte medica venne in Palermo nel mese di luglio 1624, mentre il contagio facea grande strage, e che sulle prime diè saggio del suo valore, guarendo molti dal medesimo; ma poi veggendo il considerabile profitto, che traggea da queste guarigioni, e considerando che cessando la peste, cessati del pari sarebbono i guadagni, che facea alla giornata, immaginò che gli sarebbe tornato a conto il farla continuare, e mentre da una parte guariva gli appestati, dall’altra sottomettendo i sani a certi suffumigj, che spacciava essere un mirabile preservativo contro quel morbo, dilatavalo; giacchè nasceano a coloro, che ne faceano uso, i gavaccioli, o sia le ghianduzze di peste, per le quali se ne morivano, senza ch’egli avesse potuto apportar rimedio al danno che procurato avea. Il cardinal Doria lo fe perciò imprigionare, ed ordinò che se gli formasse il processo. Il greco ebbe modo di scappare dalle carceri, ma scoperta la di lui fuga fu ricondotto, e tenuto più strettamente in ceppi. Mentre si facea l’esame dai deputati di sanità, e si era già conosciuto che quei profumi erano pestiferi, e cagionavano in effetto il contagio, arrivò il marchese di Tavora, il quale comandò che si giudicasse, unendo a Gian Francesco Castiglia, che fu eletto giudice in quella causa, il protomedico della città, e i due medici, che seco avea condotti.
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