Il secolo passato fu per noi un secolo d’ignoranza, e di superstizione.
(1677) Mongit. Parl. di Sic. t. II, pag. 38.
(1678) Mem. Stor. P. III, lib. V, vol. II, p. 142.
(1679) In Additionibus ad Pirrum ad not. 1. Eccl. Panorm. p. 36.
(1680) Reg. dell’uffizio del prot. dell’anno 1659.1660, XIII ind. f. 236.
(1681) Auria Diario di Pal. t. II, all’anno 1660.
(1682) Auria Diario di Pal. t. II, all’anno 1660, o nella Cronol. p. 129.
(1683) Auria Diario di Pal. t. II, all’anno 1660.
(1684) Auria Diario di Pal. t. II, anno 1660.
(1685) L’Ansalone avea comprata dal re la città di Patti. I cittadini di essa soffrivano di mal’animo di divenire sudditi di un particolare cavaliere, dopo di essere stati sotto il dominio del sovrano, e chiusero le porte, quando Antonino Lazzari messinese giudice della Gran Corte criminale a nome dell’Ansalone andò a prenderne possesso. Erano eglino incitati da monsignor Ignazio d’Amico vescovo nuovamente eletto della chiesa di Patti, il quale isdegnava di esser vescovo di una città baronale. Il conte di Ayala, quantunque in apparenza mostrasse di volere eseguiti gli ordini reali, non dava nondimeno le provvidenze necessarie per obbligare i Pattesi ad ubbidire; anzi consultò alla corte, che non era espediente che una città marittima fosse in potere di un particolare, e fe appoggiare la sua rappresentanza dal voto dei tre presidenti dei supremi tribunali del regno. La corte condiscese a questi sentimenti, e la città di Patti continuò a stare sotto il regio dominio. L’Ansalone ne rimase dispiaciuto, ed irritato particolarmente contro questo vicerè, che credea la molla di tutto lo intrigo.
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