Potea quindi un giorno, o l’altro accadere, che ritornassero a far la guerra. Fu perciò dalle potenze garanti della pace di Londra stabilito fin dall’anno 1722, che si tenesse un congresso in Cambrai, dove dissaminandosi le vicendevoli ragioni, si troncasse ogni occasione di disturbo. Il gabinetto di Madrid andava sempre procrastinando per questo esame, e per la conclusione del nuovo trattato. Uno dei pretesti di questo indugio era la investitura accordata ai 9 di giugno 1722, dal pontefice Innocenzo XIII allo imperadore dei due regni di Sicilia, e di Napoli. Si dolevano i ministri spagnuoli, che si fosse fatta, quando non erano ancora decisi i diritti, che avea Cesare sopra i detti regni; ma il vero motivo era appunto, perchè Filippo cercava intanto di metter piede in Italia, mandandovi l’infante Carlo primogenito del secondo letto: sperando così, che il tempo potesse aprirgli la strada a riacquistare o in tutto, o in parte ciò, che avea perduto. Si durò in questa inazione a Cambrai fino all’anno 1725, dove le difficoltà in vece di appianarsi, divenivano sempre maggiori. Volea la Spagna, che segli cedessero almeno le piazze importanti di Minorica, e di Gibilterra; ma gl’Inglesi, che voleano la pace, ma purchè nulla perdessero di quanto aveano acquistato, si negarono di cederle. Mentre le cose erano così imbarazzate, scoppiò la detta pace di Vienna. Carlo, e Filippo aveano voglia di accomodarsi, il primo per togliersi ogni ostacolo sulle Fiandre, e gli stati d’Italia, e l’altro per assicurare all’infante Carlo i ducati di Parma, e di Piacenza, e la successione nella Toscana.
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